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FAUSTO MELOTTI

L'interpretazione della scultura di Fausto Melotti (Rovereto, 1901 – Milano, 1986), forse uno degli artisti più originali del Novecento italiano, ha assecondato, nella sua evoluzione, una grande varietà di desinenze. Studente di Adolfo Wildt all'Accademia di Brera insieme a Lucio Fontata, cugino di Carlo Belli e presente fra le fila degli astrattisti della galleria Il Milione, dalle soluzioni aniconiche degli anni Trenta, la sua ricerca, passando per i “Teatrini”, nei decenni successivi, si è evoluta in senso, si potrebbe dire, riduzionista sfociando in sculture esili e filiformi ottenute con pochi e calcolati elementi. In esse, vere e proprie microarchitettutre, traspare sia la conoscenza delle norme della composizione musicale dell'autore, nonché un'organizzazione dello spazio derivante dalla frequentazione dell'ambiente razionalista.
L'opera nella collezione della Galleria d'Arte Moderna “G. Carandente” di Spoleto, Tema e variazioni I: Variazione n. 4, del 1984, appartiene a questa famiglia di lavori e, precisamente, a una serie iniziata nel 1968. Difatti, in essa è possibile riconoscere tutte le proprietà succitate quali ritmo compositivo, articolazione strutturale, riduzione formale, alternanza di pieno e vuoto, la funzione significativa della luce (quindi anche dell'ombra) e assenza volumetrica. In esiti come questo, l'artista dimostra la raffinata efficacia di una poetica della sottrazione basata sul ridimensionamento dei tradizionali strumenti narrativi della scultura. Proprio in seno a tale attitudine, Abraham M. Hammacher, riferendosi a Melotti, parlò di “anti-scultura”.

Palazzo Collicola

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Galleria d'Arte Moderna  
Giovanni Carandente
Spoleto

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