Figure e ritorni

Sala 12

Tra anni ‘70 e ‘80 del XX secolo, dopo un decennio di arte minimalista, concettuale e dematerializzata, tornano ad affermarsi sulla scena internazionale la pittura e la scultura figurativa, declinandosi in varie tipologie di stili, che in Italia saranno etichettati coi termini di Anacronismo, Transavanguardia, Citazionismo, Nuovi-nuovi, mentre in altri ambiti nazionali, come ad esempio in Germania, emergeranno sotto il nome di Neoespressionismo o Nuovi selvaggi. Nel panorama della pittura italiana, più legata ovviamente e naturalmente alla tradizione e alla presenza dell’Antico, dei grandi maestri del Rinascimento e del loro ripensamento all’inizio del Novecento attraverso la Metafisica e il Realismo magico, i legami con la figurazione saranno più profondi e complessi. 
L’arte italiana a partire dagli anni ‘80 qui rappresentata potremmo definirla senza dubbio colta, letteraria, piena di riferimenti a tempi e culture diverse, che rendono molte di queste opere dei veri e propri rebus o enigmi, come fossero emblemi, allegorie o metafore di altre epoche. 

La pittura psicologica, trasognata e onirica di Di Stasio, anche se a suo modo autobiografica, prende ispirazione da complessi e inconsci collegamenti tra la storia dell’arte e della memoria privata, come del resto quella di Gandolfi e di Kennedy, più virata a tematiche femminili, mentre l’opera di Bertocci, antieroica e riflessiva, riflette sul senso del doppio e della nostalgia tipica di certo Realismo magico, che nell’opera di Ontani, artista poliedrico che trae ispirazione da un immaginario onnivoro e ricco di passaggi simbolici e volti a Oriente, diventa narcisistica rivisitazione del Sé sotto altre spoglie come maschere e travestimenti, fino a fare della sua figura una vera e propria opera d’arte. La revisione manierista e postmoderna di Barni ricollega immediatamente l’opera del pittore toscano alle fonti metafisiche della modernità dell’arte italiana, il tutto nella trasfigurazione piena e dionisiaca delle scene di paesaggi naturali di Limoni, una vera e propria tavolozza vivente erede di un senso pervasivo e panico della pittura che proviene per certi versi dall’Impressionismo.
Il doppio, l’autoritratto, il frammento architettonico, il paesaggio visionario sono solo alcuni dei temi attraversati dagli artisti rappresentati in questa sala. 

focus

Roberto Barni

Roberto Barni (Pistoia, 1939)
Nel 1982 a Spoleto si tenne una mostra personale di Barni nell’ambito del Festival dei due Mondi, in cui fu esposto il grande dipinto che dal 1984, in seguito ad un acquisto da parte del Comune, è entrato a far parte della collezione permanente della Galleria d’Arte Moderna.
L’opera si situa storicamente a tutti gli effetti nel periodo del cosiddetto ritorno alla pittura e scultura figurativa che sfociò nella Transavanguardia italiana e, ancor più a livello internazionale, nei Nuovi selvaggi tedeschi, negli americani Schnabel o Fischl o in episodi di singoli artisti come Garouste o Barcelò.
Il dipinto di Barni rilegge di fatto la storia dell’arte senza cedere a facili formule espressioniste o citazioniste, allora molto in voga, riprendendo forme anticlassiche tipiche di certa architettura postmoderna o, meglio ancora, di figure monumentali e poderose quali quelle di Alberto Savinio, che insieme al fratello Giorgio de Chirico fu uno dei padri fondatori della Metafisica.
Il quadro è un’opera di grande forza espressiva in cui la tradizione manierista, coloristica e disegnativa del rinascimento italiano (non si dimentichi che Barni si è formato tra Pistoia e Firenze) sembra fare da cartina tornasole per il suo classicismo disegnativo e pittorico, anche se messa ulteriormente in crisi e frammentata.
Seppure l’artista abbia praticato nel corso dei decenni con maggiore continuità e assiduità la scultura, questa pittura è una delle opere più rappresentative della sua produzione. 

Palazzo Collicola

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www.palazzocollicola.it

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Giovanni Carandente
Spoleto

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