A tu per tu con

LUIGI ONTANI

Luigi Ontani (Vergato, 1943), pittore, scultore, performer, fotografo, difficile rinchiudere la sua poetica in un genere specifico, essendo uno dei rari casi in Italia, se non l’unico, che hanno fatto coincidere la vita, dal modo di vestirsi a quello di pensare, con l’Arte. A partire dalle sue prime azioni filmate nel 1969 alle decine di tableaux vivants eseguiti in pubblico fin dal 1973 (il primo fu quello realizzato durante la mostra Contemporanea presso il Parcheggio di Villa Borghese a Roma), Ontani non ha mai smesso di incarnare ruoli e maschere, con veri e propri d’après da antichi dipinti e sculture, prelevati da miti indiani e orientali, dalla cultura esoterica alla scultura balinese, da quella classica (l’Ermafrodito) a quella Rinascimentale, proiettando il proprio autoritratto su icone di personaggi sacri e profani, colti e triviali, mitologici e allegorici, passando da Pinocchio a Dante, da San Sebastiano a Leda, da Leonardo a Raffaello, dal Cristo alla Lupa romana, in una moltiplicazione di immagini che hanno sempre evidenziato una personale pratica di ironico e colto narcisismo.
Soggetto di ogni sua opera (dalla prime diapositive stampate su carta ai più moderni scatti lenticolari), dalle sculture in ceramica (le cosiddette ErmeEstetiche) ai suoi ipertrofici e lussureggianti acquarelli alle maschere di cartapesta, è sempre lo stesso Ontani, come avviene anche in questo tondo fotografico dal sapore rinascimentale, opera in cui la ricerca dell’Altro da sé si concretizza in un vero e proprio doppio o Giano bifronte (sul retro della foto è attaccato un foglietto autografato dall’artista che risolve il titolo dell’opera in un gioco di parole che rimanda sia al dio romano che alla città di Spoleto: Janus Leto & Spo). Girati uno rispetto l’altro infatti, Ontani e un suo giovane amico, che sarebbe scomparso di lì a poco, si presentano come un unico corpo con due volti che sembrano indossare un copricapo teatrale o un vestito carnevalesco, mentre guardano in direzione opposta uno dall’altro. Omaggio affettuoso a un amico scomparso, ma anche trasfigurazione del ricordo in una sorta di apparizione sognante, fantastica, in cui lo sguardo dell’uno e dell’altro sembrano destinati a non incrociarsi mai più, dovendo seguire ognuno la propria via.

Palazzo Collicola

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