l’astrazione italiana

Sala 9

Se Belli, scrittore, studioso di archeologia, musicista e pittore, è stato il primo vero e proprio teorico dell’astrattismo storico in Italia col suo testo del 1935 KN, Melotti, suo cugino e confidente (erano nati entrambi a Rovereto), è stato invece uno dei più raffinati scultori astratti nel senso pieno del termine, anche grazie alle mostre organizzate dalla Galleria Il Milione di Milano a partire dagli anni ‘30.
Nelle loro opere l’ispirazione e l’architettura musicale sembrano essere sempre presenti come chiavi di interpretazione e di spiegazione del ritmo e della composizione geometrica.

Tra il 1947 e lo svolgersi degli anni ‘60, l’Italia cominciò a polarizzare le sue ricerche di astrazione e avanguardia tra Milano e Roma, da una parte con i concettualismi più freddi e spazialisti di Fontana e poi del gruppo Azimuth, dall’altra con la nascita della prima avanguardia italiana della seconda metà del secolo, il gruppo Forma 1 (composto da Dorazio, Accardi, Turcato, Consagra, Attardi, Perilli, Sanfilippo), che prese per ispirazione iniziale l’opera di Balla e la musica jazz, definendosi però allo stesso tempo, in modo apparentemente inconciliabile, “formalisti” e “marxisti”.
In questa sala convivono e rivivono parte di quei contrasti all’epoca molto sentiti e vitali e poi sviluppatisi negli anni a venire, che sono testimonianza e parte di ciò che è stato il periodo d’oro dell’arte italiana (se pensiamo all’ascesa in quello stesso momento storico di Burri, Fontana, Capogrossi e Leoncillo), in un paese prima compresso dalla necessità di riprendersi dalle devastazioni della Seconda Guerra Mondiale, poi desideroso di disfarsi delle rovine e infine elettrizzato dal clima euforico del miracolo economico e culturale degli anni Sessanta.
La presenza di opere di artisti più concettuali, anch’essi operanti a Roma, come Lo Savio e il fratello Festa o votati all’uso anche ironico dei simboli della storia e del potere come Angeli e vicini a linguaggi che avrebbero sovvertito le modalità stesse del fare arte, coinvolgendo energie magnetiche e cosmiche o la presenza corporea come in Mattiacci, testimonia di un panorama dell’arte italiana complesso e irriducibile a stili uniformi. 

focus

Carla Accardi

Carla Accardi (Trapani, 1924 – Roma, 2014) esponente del gruppo astrattista Forma 1 nato nel 1947 e composto da Dorazio, Perilli, Attardi, Turcato e suo marito Sanfilippo, è stata une delle pittrici italiane più rappresentative del XX secolo, definendo una cifra stilistica molto coerente e unitaria messa a punto a partire dal 1954 e praticamente mai più abbandonata. Si tratta di ondine, segni ideografici, decorazioni e pattern stesi liberamente e senza mai seguire un principio geometrico unitario sulla superficie, che come nel caso di questa opera conservata nella collezione della Galleria d’Arte Moderna di Spoleto non è carta o tela, ma sicofoil, una plastica trasparente oggi fuori produzione che garantisce luminosità e possibilità di costruirvi supporti tridimensionali come tende, paraventi, fogli arrotolati che la Accardi disporrà spesso a dimensione ambientale, pratica che costituirà uno dei sui segni materiali distintivi.
In questo caso sono stati sovrapposti più fogli di sicofoil per accentuare la presenza e la sovrapposizione dei segni neri, allusivi di movimenti naturali senza voler essere descrittivi. Perfino il telaio di legno su cui è fissato il materiale plastico, messo in risalto e ben visibile, entra in gioco con la sua evidenza non come semplice elemento di supporto, ma parte stessa dell’opera, quasi si trattasse di un unico complesso dove forme e materiali, primo piano e sfondo, immagine e supporto non sono separabili. 

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Giovanni Carandente
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