Alexander Calder

Sala 18

Alexander Calder (Lawnton, 1898 – New York, 1976) nacque nel 1898 a Lawton, Philadelphia, da una famiglia di artisti. Laureatosi nel 1919 in ingegneria, svolse mestieri diversi, fino a quando non decise di diventare artista e di trasferirsi a New York per studiare alla Art Students League.
Al 1926 risale il primo viaggio a Parigi, dove l’artista si recò più volte e dove creò il celebre Cirque Calder, un’opera complessa realizzata come un assemblaggio di minuscole figure di artisti, animali, attrezzi di scena, fatti con cuoio, stoffa, materiali di recupero vari e filo metallico. In quello stesso periodo, dal filo di ferro cominciò a ricavare sculture in cui ritraeva personaggi e amici, che furono esposte nel 1928 a New York nella sua prima mostra personale. In quel torno di anni, strinse amicizia con molti personaggi del mondo dell’arte, come Joan Mirò e Fernand Léger; nel 1930 rimase folgorato dalla visione dei lavori nello studio di Piet Mondrian, tanto che la sua produzione dopo quell’incontro si aprì all’arte astratta e gli stessi Arp e Mondrian lo invitarono a far parte del movimento artistico Abstraction-Création.

Di nuovo a Parigi, nel 1932 presentò alla Galerie Vignon le sue prime sculture cinetiche, a cui Marcel Duchamp diede il nome di “mobile”, una parola francese assimilabile all’italiano “movente”, il cui significato può al contempo fare riferimento alle parole motivazione o moto; quest’ultima allude al movimento prodotto da un sistema di manovelle e motori, a cui di lì a poco lo scultore avrebbe rinunciato per realizzare Mobiles capaci di oscillare da sé grazie alle correnti d’aria; per contrasto, le opere non cinetiche furono chiamate dall’artista Jean Arp Stabiles. Questa denominazione passò ad indicare le sculture di grandi dimensioni progettate e realizzate a Roxbury nel Connecticut, dove si stabilì nel 1933, di cui il Teodelapio di Spoleto creato in occasione della mostra Sculture nella città” costituisce il prototipo. Le commissioni pubbliche e private e le mostre personali tenutesi nei maggiori musei e gallerie di tutto il mondo, si contano a partire già dallo scorcio degli anni ‘30 e, attraverso i decenni successivi, arrivano a coprire parte degli anni ‘70, quando il Whitney Museum of American Art di New York dedicò l’ultima retrospettiva allo scultore ancora in vita, intitolata Calder’s Universe. Calder morì a New York poche settimane dopo l’inaugurazione di quella mostra. La versatilità dell’artista più innovativo e prolifico di tutto il XX secolo si è espressa oltre che nella scultura, nella creazione di libri illustrati, di disegni per arazzi e tappeti, di ceramiche,nella collaborazione in numerose opere teatrali e di danza. 

focus

mobiles

Calder (che amava firmarsi anche Sandy, nomignolo con cui fin da piccolo era apostrofato dai suoi familiari) rivoluzionò la scultura moderna colorandola, rendendola leggera e mettendola in movimento quasi si trattasse di foglie agitate dal vento, come osservò dei suoi mobiles, in un testo scritto in occasione di una presentazione di una mostra, lo scrittore francese Sartre.
Sculture filiformi (quasi una traduzione plastica dei dipinti astratti di Mirò, suo grande amico) da cui pendevano elementi di ferro tondeggianti e piatti, ispirate liberamente a costellazioni, alla luna o a elementi naturali e vegetali, queste opere, esposte a partire dalla fine del 1931, potevano essere sospese al soffitto (hanging mobiles) oppure su basi (standing mobiles), come nel caso delle due sculture della collezione della Galleria d’Arte Moderna, donate al museo da Giovanni Carandente. Alla base di queste straordinarie invenzioni cinetiche (in origine azionate con dei motorini) si possono senza dubbio porre le opere neoplastiche di Mondrian, che Calder aveva visto e conosciuto di persona a Parigi a partire dalla fine degli anni Venti, durante i suoi numerosi soggiorni in Francia, dove acquistò poi nel corso degli anni presso Sachè una casa per sé e la sua famiglia, aggiungendovi un ampio e luminoso studio.
Molti dei suoi hanging e standing mobiles saranno realizzati nel corso dei decenni anche in grandi dimensioni, senza perdere per questo quel senso ironico, giocoso e di leggerezza che contrassegna soprattutto le opere di misure più piccole, che possono realmente muoversi e oscillare al minimo tocco o soffio di vento, tenendosi in perfetto equilibrio su un unico punto della base. Red, Yellow, White. Standing Mobile (uno dei due mobile esposti nella collezione) era tra quelli che Calder portò con sé in Italia nel 1967 in preparazione dello spettacolo Work in Progress tenuto l’anno seguente all’Opera di Roma. 

Palazzo Collicola

Contatti

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www.palazzocollicola.it

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Galleria d'Arte Moderna  
Giovanni Carandente
Spoleto

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