Premio Spoleto

Sale 5-6-7

(1953 al 1964 // '66 // '68)
Le tredici edizioni del Premio Spoleto, ovvero della Mostra Nazionale di Arti Figurative, svoltesi in maniera continuativa dal 1953 al 1964 con due riprese nel 1966 e nel 1968, hanno permesso alla città di Spoleto di dotarsi un nucleo di opere pittoriche e scultoree di giovani artisti operanti sul territorio nazionale, che ben documentano le principali tendenze artistiche del tempo. Il Premio, infatti, era nato dal desiderio di istituire a Spoleto una raccolta pubblica permanente di arte contemporanea attraverso la formula dei premi acquisto.
L’idea di una mostra nazionale d’arte, che doveva quindi distinguersi dalle numerose rassegne locali o regionali umbre, era partita da un gruppo di giovani pittori che, ricevuti gli opportuni consensi, puntarono a creare un luogo di incontro tra artisti e pubblico rispondendo alla aspirazione, come si legge nella prefazione del catalogo della prima edizione firmata da Lionello Leonardi, di inserirsi nel più ampio dibattito sull’arte contemporanea in corso e di contribuire alla formazione di una nuova cultura. 

Tra coloro che vi lavorarono per almeno un decennio vanno ricordati i Sei pittori di Spoleto (De Gregorio, Marignoli, Orsini, Rambaldi, Raspi, Toscano), uomini di cultura come Alceo Rambaldi, il sindaco Gianni Toscano e naturalmente lo scultore Leoncillo e suo fratello Lionello.
Le opere, ora esposte a Palazzo Collicola, vincitrici delle diverse edizioni contribuiscono a documentare le principali tendenze artistiche del tempo. Dalle poetiche riconducibili all’Informale, tra le quali l’ultimo naturalismo di cui anche il Gruppo di Spoleto fu protagonista, fino all’Arte povera con Ceroli e Pascali o gli scultori Uncini e Lorenzetti.
Inaugurato nel settembre del 1953 nelle sale di Palazzo Collicola, il Premio vide sin dalla prima edizione la presenza in giuria del giovane critico bolognese Francesco Arcangeli. Negli anni interessò critici e artisti di chiara fama anche dopo la pausa dal 1963 al 1966. Oltre a quella di Arcangeli, in giuria si registrò la partecipazione di critici e storici dell’arte quali Giulio Carlo Argan, Maurizio Calvesi, Giovanni Carandente, Luigi Carluccio, Andrea Emiliani, Giuseppe Marchiori, Franco Russoli, Lorenza Trucchi, Giovanni Urbani, Marco Valsecchi, e degli artisti Mario Mafai, Marino Mazzacurati, Roberto Melli, i quali intercettarono fermenti e riuscirono ad offrire attraverso le loro scelte una vivida immagine delle istanze più nuove della cultura figurativa
di quegli anni. 

focus

Pino Pascali

Pino Pascali (Polignano a Mare, 1935 –Roma, 1968) è stato uno degli artisti delle cosiddette neoavanguardie che meglio hanno rappresentato gli anni Sessanta, con la sua esuberanza creativa, il suo spirito di avventura estetica, il senso della scultura come gioco e dell’arte come rivoluzione delle forme.
La Coda di cetaceo è parte di un ampio ciclo di sculture di tela bianca e nera che ricopre uno scheletro di legno, sorta di quadri tridimensionali che contraddistinguono la sua produzione come “finta scultura”, con armi che non sparano, animali e natura artificiale, opere che sembrano di marmo ma che sono in realtà leggere. L’iconografia animale è altro elemento tipico dell’opera di Pascali, che ha realizzato dinosauri, giraffe, bachi da seta, rinoceronti, pellicani, delfini, scheletri di balene e almeno altre due versioni di code di cetaceo: quella conservata nella Galleria d’Arte Moderna di Spoleto è però senza dubbio la più spettacolare e imponente.
Il mare inoltre per Pascali è stato un tema affrontato per tutto l’arco della sua breve ma eroica carriera (come la definì l’amico e sodale critico d’arte Vittorio Rubiu), lui che era originario di Polignano a Mare e che tradurrà la superficie del mare sia in tela che in bacinelle di acqua colorata con l’anilina. Il mare inoltre per Pascali è stato un tema affrontato per tutto l’arco della sua breve ma eroica carriera (come la definì l’amico e sodale critico d’arte Vittorio Rubiu), lui che era originario di Polignano a Mare e che tradurrà la superficie del mare sia in tela che in bacinelle di acqua colorata con l’anilina.
La coda si presenta inoltre come una sorta di anatomia sezionata dalla superficie dello stesso piano espositivo, aspetto non casuale in Pascali, che fu tra i primi ad assorbire le dimensioni e le costrizioni di pareti, pavimenti e soffitti come opportunità fisicamente reale per farvi interagire le sue sculture e creare vere e proprie scene ambientali. 

Palazzo Collicola

Contatti

Piazza Collicola 
06049 - Spoleto (Pg)
www.palazzocollicola.it

Info biglietteria/bookshop

Galleria d'Arte Moderna  
Giovanni Carandente
Spoleto

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