Tano Festa (1938-1988), N. 46 Rosso Anna Maria, acrilico su legno e tela, 1961
Fratello di Francesco Lo Savio (scultore anticipatore per molti versi delle ricerche minimal americane della metà degli anni Sessanta), Festa ha fatto parte dell’ambiente formatosi a Roma durante gli anni Sessanta, caratterizzato dalla presenza di artisti come Mario Ceroli, Mario Schifano, Franco Angeli, protagonisti della cosiddetta Scuola di Piazza del Popolo o Pop art italiana.
Sebbene le due definizioni oggi tendano ad essere considerate poco attinenti (lo stesso Festa dichiarerà di sentirsi più vicino agli artisti concettuali che a quelli pop), i termini descrivono il clima di euforia e di neoavanguardia tipico di quel periodo e di quella città: basti pensare che alcune opere coeve a N. 46 Rosso Anna Maria si intitolano appunto Via Veneto, la strada immortalata e celebrata dalla Dolce vita di Fellini.
Lo stile di Festa espresso nel dipinto conservato presso la GAM di Spoleto fa parte del periodo più apprezzato dell’artista, in cui le serie delle cosiddette Finestre, Porte o Armadi hanno articolato un linguaggio debitore verso la pittura monocroma da una parte (praticata in quegli anni da Klein, Manzoni, Schifano e Mauri) e l’oggetto di impianto dadaista dall’altra (sperimentato da artisti pop come Dine, Blake o Wesselmann).
È proprio da un monocromo come N. 46 Rosso Anna Maria, suddiviso come un pannello decorativo o l’anta di un mobile, insomma un vero e proprio quadro-oggetto, che nasceranno i cicli più famosi realizzati dall’artista negli anni Sessanta, il quale vedeva in queste opere “dei quadri che fossero mutilati delle loro funzioni, oggetti che nella loro fisicità esprimessero una sottile inquietudine di fronte alla loro troppo facile e certa presenza, un senso di ambiguità e d’impotenza di fronte al loro essere fisico, inorganico, ottuso, e ancora un senso di mistero e d’impenetrabilità nelle loro fredde e scure geometrie“.
Nell’esistenza stessa di Festa, sregolata, eccessiva, anticonvenzionale, instabile, sofferta, come apparirà anche nella serie di dipinti più espressivi realizzati tra anni Settanta e Ottanta, si racchiude parte del senso di disagio psichico e benessere materiale tipico degli anni del boom economico.
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